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Medici specializzandi: importante sentenza del Tribunale di Genova su prescrizione, legge applicabil


Nessuna prescrizione in tema di adeguata remunerazione ai medici specializzandi; liquidazione sulla base della legge n. 370/1999, ma con interessi e rivalutazione sugli importi dell’indennizzo da questa previsto e rimborsi anche agli ante 1983.

Lo ha stabilito il Tribunale di Genova, con una sentenza, la n. 353 del 2020, che da più parti è stata definita storica.

La sentenza affronta la nota questione- che ha circa vent’anni al momento- della liquidazione dell’adeguata remunerazione ai medici (laureati in medicina) che avevano intrapreso un corso di specializzazione successivamente al 1982, anno di emanazione di una direttiva comunitaria che introduceva questo supporto economico per favorire quei medici che, dopo la laurea, intendevano conseguire una delle varie specializzazioni, le quali richiedevano un ancora lungo periodo di studio e tirocinio lontano dal mondo del lavoro e quindi con tutti i relativi problemi economici.

Dunque, la Comunità aveva legiferato con questo strumento, che presupponeva una attività di legiferazione interna a ciascun Paese onde ottenere il recepimento di quella normativa e l’applicazione della stessa- soprattutto sotto il profilo economico- a ciascun medico specializzando.

Nella Direttiva era contenuto il termine di un anno per poter provvedere e l’Italia si era adeguata con circa un decennio di ritardo, solo nel 1991 con il D. LGS n. 257. Con il quale, tuttavia, nulla si prescriveva per i laureati- specializzandi che si fossero iscritti alle Scuole di specializzazione PRIMA della data di entrata in vigore e quindi prima del 1991.

Evidentissimo e fin da subito quel tragico errore di valutazione fatto dal legislatore, che condannava lo Stato, nello stesso momento in cui ci si adeguava alla normativa comunitaria, all’inevitabile insorgere e svilupparsi del relativo contenzioso giudiziario, da subito intrapreso da chi più che legittimamente si riteneva danneggiato da tale tardivo e lacunoso adeguamento.

I successivi venti anni, fino ai giorni nostri, sono stati contrassegnati da migliaia di cause, individuali o collettive, che hanno avuto, nel tempo, e per il tempo sempre troppo lungo necessario alla nostra magistratura per emettere sentenze (ma di questo è inutile dire), gli esiti più diversi e per le causali via via meno banali e meglio argomentate. Giudici di merito, cassazione, sezioni unite hanno affrontato questa valanga di procedimenti in ordine sparso, senza un indirizzo comune e condiviso, sempre invece più che necessario man mano che diventava evidente che la via giudiziaria non era affatto quella più appagante ed appropriata in difetto di un intervento legislativo, invocato da più parti anche con diversi disegni di legge, ma viceversa mai intervenuto, come fino ai giorni nostri. In questo come in tanti altri settori la supplenza per così dire dei giudici si è rivelata del tutto inadeguata.

Per avere una idea abbastanza semplice e veloce delle varie questioni affrontate in questa ormai annosa vicenda giudiziaria vogliamo soffermarci su alcuni punti decisivi e cruciali delibati anche dalla sentenza in commento del Tribunale di Genova, definita “storica” da diversi commentatori, né più né meno che diversi altri arresti di varia origine degli ultimi anni (cfr. Sent. Corte Giustizia UE 24 gennaio 2018 cause riunite C-616/16 e C- 617/17): 1) norma/legge di diritto interno applicabile; 2) natura del credito (di valore o di valuta), rivalutazione ed interessi; 3) prescrizione sì- prescrizione no ed eventuale decorrenza. E ci fermiamo qui.

Prima di passare in rassegna questi punti, vogliamo richiamare una serie di sentenze che per l’identità delle questioni trattate e per la complessiva sistemazione e ricostruzione del contesto della Sezione Terza della Corte di Cassazione, sezione capofila e di riferimento di tutta la Corte, sono state definite le sentenze gemelle. Ci riferiamo alle sentenze 10813, 10814, 10815, e 10816 del 2011.

Con queste decisioni, pur con persistenti sviamenti applicativi rispetto a fondamentali sentenze della Corte di Giustizia UE- le cui decisioni non si limitano a fare giurisprudenza, ma hanno rango normativo (cioè in sostanza producono norme di legge quando interpretano il diritto comunitario ed entrano di pieno diritto fra le relative “fonti”, ndr- si era pervenuti ad un assetto abbastanza definito.

In particolare, circa i tre punti richiamati: 1) la norma di legge applicabile andava individuata nel D. LGS. n. 257/1991 che costituiva l’(unico ed ultimo) atto normativo di ricezione delle disposizioni comunitarie e non già nella Legge n. 370/ 1999, da ritenersi una cd. legge – provvedimento espressamente rivolta ai destinatari di svariate e ben individuate sentenze del Tar del Lazio, divenute definitive, quindi banalmente (aggiungiamo modestamente noi) priva dei caratteri di astrattezza e generalità propri della legge propriamente detta. Corollario: al contrario che con la legge di recepimento (D.LGS. n. 257/91) con la Legge n. 370/1999 si liquidava un indennizzo, il quale, in quanto tale, era costituito da un importo non soggetto a rivalutazione, ma al massimo ad implementazione di interessi. 2) Quanto alla natura del credito, esso era da qualificarsi di valore e non di valuta, per come autorevolmente (e aggiungiamo noi definitivamente) stabilito da Cassazione SSUU n. 9147/2009. Corollario: essendo l’adeguata remunerazione un risarcimento ( e non un indennizzo) gli importi liquidati andavano implementati da rivalutazione ed interessi secondo gli ordinari criteri, con decorrenza dallo spirare dei singoli anni di frequenza alla specializzazione; 3) quanto alla prescrizione essa doveva ritenersi sussistente e decorrente dalla Legge n. 370/1999 in quanto ULTIMO intervento legislativo in subiecta materia (in disparte, aggiungiamo noi, la non utilizzabilità di tale legge quanto alla determinazione del dovuto, per come anche sopra precisato).

L’assetto/l’inquadramento generale che la Cassazione aveva trovato a partire dalle sentenze gemelle del 2011 ha trovato negli anni successivi conferme e ripensamenti, soprattutto sotto due dei tre profili indicati, quello della norma applicabile e quello della natura del credito.

Non occorre essere degli scienziati del diritto per capire quali rilevantissime conseguenze avrebbe avuto ed ha avuto di fatto seguire l’una o l’altra interpretazione, con le inevitabili oscillazioni di una giurisprudenza comunque spesso timorosa e smarrita di fronte al disastro della finanza pubblica, sì avete capito bene della finanza pubblica, che con il diritto non dovrebbe avere niente a che fare, no scusate anzi mi correggo che con il diritto ha molto a che fare.

Basta fare due calcoli, possibili anche a un principiante, avvalendosi di decine di applicazioni e di link sul web che vi daranno una mano.

Per un caso concreto si è pervenuti in sequenza ai seguenti risultati:

liquidazione di specializzando per quattro anni di corso (1985- 1989) in base al D.LGS. n. 257/1991, con interessi e rivalutazione (credito di valore) ca. € 180.000 (sentenza corte d’appello del 2014 in sede di rinvio- quarto grado- dalla cassazione sezione Terza);

liquidazione dello stesso specializzando per quattro anni di corso (1985- 1989) in base alla legge n. 370/1999, con interessi ma senza rivalutazione (credito di valuta) ca. € 27.000 (ordinanza cassazione 2019, sezione Terza, a definizione del ricorso in cassazione presentato dalla difesa erariale avverso la sentenza della corte d’appello menzionata).

Per la cronaca dunque dopo 18 anni di causa (citazione in Tribunale del 2001) il nostro sistema giudiziario ha partorito questa decisione, prima negando (tribunale e corte d’appello per prescrizione quinquennale); poi accogliendo in cassazione e dando esecuzione in corte d’appello (rinvio); poi di nuovo negando- nella sostanza- il diritto, rectius riconoscendolo in misura ridicola.

E veniamo infine dopo questo breve excursus alla sentenza del Tribunale di Genova.

Ponendosi in aperto e motivato contrasto con l’ultimo citato orientamento della cassazione questo Tribunale ha stabilito, in sintesi:

niente prescrizione, questa non ha mai nemmeno cominciato a decorrere;

liquidazione sulla base della legge n. 370/1999 ma con interessi e rivalutazione sugli importi “”dell’indennizzo”” da questa previsto;

rimborsi anche “”agli ante 1983””.

Non abbiamo intenzione di approfondire oltre le argomentazioni addotte dal Tribunale di Genova, questo compito essendo stato svolto egregiamente da ben altri commentatori.

Ci limitiamo a sottolineare come questa decisione controcorrente- salvo il suo destino nei gradi ulteriori e soprattutto chissà quando e come in Cassazione lascia ancora insoddisfatti su un punto fondamentale, che come sopra ricordato non più tardi del gennaio 2018 la Corte di Giustizia UE aveva ancora una volta sottolineato: il giudice interno deve applicare la norma di recepimento delle famose direttive che nel caso dell’Italia è il D.LGS. n. 257/1991; il giudice interno, quando fa applicazione di tali disposizioni di recepimento, deve considerare il credito da liquidare come credito di valore e non di valuta. Punto.

Bene l’argomentazione circa la inapplicabilità della prescrizione, non avendo mai lo Stato provveduto al tempestivo recepimento, fatto con ritardo quasi decennale e con una decorrenza che metteva nell’angolo migliaia di medici specializzatisi nel frattempo (ca dieci anni si ripete) generando questo incredibile e onerosissimo contenzioso ancora in piedi!!

Meno bene il ritenere applicabile una legge- la 370/1999- che in mancanza di un intervento legislativo successivo al D.LGS 257/1991 espressamente mirato a porre rimedio a quest’ultimo in termini di decorrenza e di platea di riferimento- come suggerito dalle numerose sentenze della Corte di Giustizia CEE- si manifesta del tutto inadeguata, anche se con l’innesto di interessi e rivalutazione ne vengono mitigati i negativi contraccolpi registrati in termini di importo complessivo, al prezzo però di creare un ennesimo mostro … giuridico (credito di valuta soggetto a rivalutazione…).

Buona giustizia a tutti.

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