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Il riconoscimento giudiziale della cittadinanza italiana per via paterna


L'incertezza in ordine alla definizione della richiesta di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis e il decorso di un lasso temporale irragionevole rispetto all'interesse vantato equivalgono ad un diniego di riconoscimento del diritto, giustificando l'interesse a ricorrere alla tutela giurisdizionale.

È questo l’indirizzo oramai prevalente del Tribunale di Roma, seguito recentemente dal giudice Silvia Albano, della 18ª sezione civile del detto tribunale, il quale, con ordinanza del 16 maggio 2018 ha accolto la domanda di un cittadino brasiliano discendente per via paterna di un italiano emigrato in Brasile, che non aveva mai rinunciato alla cittadinanza italiana, trasmettendola, in tal modo, ai suoi discendenti, volta ad ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis.

In linea di principio - ha rilevato il giudice - dovrebbe affermarsi la carenza di interesse ad agire giudizialmente per l'accertamento della cittadinanza italiana, poiché l'attore ne è pacificamente titolare sin dalla nascita, posto che le disposizioni normative vigenti in materia a partire dalla nascita dell'avo italiano prevedevano la trasmissione della cittadinanza per via paterna, a differenza di quanto avviene per l'acquisto per linea materna trasmessa in epoca antecedente all'entrata in vigore della Costituzione italiana, per la quale l'accoglimento dell'istanza è frutto di una lettura giurisprudenziale e non di un dettato normativo inequivoco.

Tuttavia - prosegue il magistrato - il 2 agosto 2017 il ricorrente ha presentato al Consolato Generale d'Italia in Belo Horizonte (Brasile) la richiesta di iscrizione nella lista di attesa per il riconoscimento del proprio status civitatis italiano iure sanguinis, ai sensi della legge n. 91 del 5.2.1992, quale discendente-in linea diretta-di cittadino italiano e, ad oggi, non ha ricevuto alcuna risposta, né tantomeno è stato convocato dal Consolato ovvero inserito in lista di attesa.

Poiché secondo la documentazione prodotta dal ricorrente risulta che il Consolato versa in una condizione di gravissimo ritardo, di più di 10 anni, per l'esame delle istanze per il riconoscimento della cittadinanza, ne consegue la impossibilità di poter evadere in tempi certi e brevi le richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis a causa del numero eccessivo delle domande presentate.

Ne deriva, quindi, una assoluta incertezza in ordine alla definizione, da parte dell'autorità consolare, della richiesta presentata dal ricorrente.

Ai sensi dell'art. 2 della legge n. 241 del 7 agosto 1990 i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono essere conclusi entro termini determinati e certi anche in conformità al principio di ragionevole durata del processo.

L'incertezza in ordine alla definizione della richiesta di riconoscimento dello status civitatis italiano iure sanguinis , il decorso di un lasso temporale irragionevole rispetto all'interesse del mandato, portante peraltro una lesione dell'interesse vantato, equivalgono ad un diniego di riconoscimento del diritto, giustificando l'interesse a ricorrere alla tutela giurisdizionale.

La richiesta del ricorrente è stata pertanto accolta dal giudice, che ha dichiarato lo stesso ricorrente cittadino italiano, ordinando al Ministero dell’Interno di procedere alle iscrizioni, trascrizioni e annotazioni di legge nei registri dello stato civile della cittadinanza italiana.

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