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Medici specializzandi: ricorso alla Cedu contro il "revirement" della Cassazione?


In tema di “adeguata remunerazione” dei medici specializzandi, con un “revirement” di 180 gradi rispetto al precedente indirizzo, che qualificava di “valore” il debito della pubblica amministrazione in caso di sua condanna per tardiva attuazione delle Direttive CEE 75/362/CEE e 82/76/CEE ante 1991 D.LGS n.257, la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 20094 del 2019, ha qualificato di “valuta” tale debito.

La questione non è di poco conto, atteso che la natura di debito di valore comporta la rivalutazione del credito della parte istante, mentre quella di valuta no. Il ché si traduce in una notevole perdita economica per i medici specializzandi.

Inoltre, la Corte, diversamente da quanto fatto in precedenza, in luogo dell’applicazione della normativa di recepimento (D.LGS 257/91, propugnata reiteratamente dalla Corte di giustizia UE) sostiene, ora, l’applicabilità di una legge-provvedimento (n. 370/99), espressamente circoscritta ai medici specializzandi destinatari di sentenze irrevocabili Tar – Lazio.

La citata ordinanza si inserisce nel novero di altre recentissime ordinanze, per cui l’unica speranza dei medici specializzandi di vedere accolti integralmente i loro diritti è a questo punto il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu).

Pubblichiamo, di seguito, una nota sulla citata ordinanza redatta dall’Avv. Marco Mostarda, del foro di Roma, che ha assistito il Dott. R.M. nel giudizio di Cassazione.

Nota a Cassazione ordinanza n. 20094 del 2019

Ministero Istruz. Univer. Ric. Sc. Contro M. R.

Domanda per il riconoscimento dell’adeguata remunerazione ai medici specializzandi a seguito Direttive CEE 75/362/CEE e 82/76/CEE ante 1991 D.LGS. n.257 (legge di recepimento).

Con atto di citazione del 26 e 27 luglio 2001 il Dr. R. M. domandava al Tribunale di Roma il riconoscimento dell’adeguata remunerazione spettante ai medici iscritti ai corsi di specializzazione per la durata del relativo corso in base ai principi della normativa comunitaria che stabiliva la relativa liquidazione fin dal 1981, normativa tardivamente recepita nell’ordinamento statuale solo del 1991 con il D. LGS. N. 257, che però esplicitamente escludeva tutti coloro che avessero completato la specializzazione prima dell’entrata in vigore di detto provvedimento.

Il Tribunale prima (sentenza 23181 del 2004) e la Corte d’Appello di Roma poi (sent. 4049 del 2008) respingevano la domanda sull’assunto che si fosse maturata la prescrizione del diritto decorrente dall’agosto 1991 (recepimento con legge interna), sull’assunto che tale termine di prescrizione fosse “pacificamente” quinquennale e, nel merito, sostenendo che l’attore non avesse provato la sussistenza delle condizioni stabilite dalla normativa comunitaria.

Proposto ricorso in Cassazione (n. 4908 del 2009) sulla base di dodici motivi in parte rivolti alla questione “prescrizione”, in parte rivolti alla questione “normativa applicabile” (fin dal principio indicata nell’unica normativa possibile, il D. LGS. N. 257/ 1991, espressamente dedicata al “recepimento”, ndr), con sentenza 23577 del 2011 Sezione Terza, Presidente Mario Rosario Morelli, Relatore Raffaele Frasca, dichiarati assorbiti i motivi afferenti la questione “normativa applicabile”, in accoglimento dei motivi primo, secondo terzo e quinto afferenti la questione “prescrizione” cassava la sentenza della Corte d’Appello di Roma e rinviava ad altra sezione della stessa per la decisione (omissis).

Riassunto il giudizio avanti la sezione seconda della Corte d’Appello di Roma (RG 641 del 2012), quest’ultima emanava la sentenza n. 1564 del 2014 con la quale, in accoglimento dell’appello proposto avverso la sentenza n. 23181 del 2004 del Tribunale di Roma, condannava il Ministero dell’Università ecc. a liquidare al Dr. R.M. l’importo di € 11.103,82 per ciascuno dei quattro anni di specializzazione dalla scadenza di ciascuno di essi (31 dicembre 1986, 1987, 1988 e 1989) oltre rivalutazione ed interessi sui singoli importi annuali come in parte motiva fino al saldo (omissis).

Nella parte motiva era ben precisato che la liquidazione andava fatta ai sensi di cui alla legge di ricezione D. LGS. N. 257/1991, art. 6, aumentando l’importo di interessi e rivalutazione trattandosi di debito di valore (così come statuito da Cassazione 23577 del 2011, pag. 8, che richiamava sul punto Cass. SSUU 9147 del 2009).

Il Ministero dell’Univ. ecc con ricorso n. 24842 del 2014 proponeva impugnazione avanti alla Corte di Cassazione avverso tale ultima sentenza e questa (Sez. Terza Presidente Dr. Raffaele Frasca-relatore della “prima” cassazione- e Relatore Dr. Francesco M. Cirillo) in accoglimento del secondo motivo di gravame (circa la norma applicabile alla liquidazione invocata), riteneva che ai medici che abbiano svolto il corso di specializzazione, come il Dr. M., in un periodo antecedente l’entrata in vigore del D. LGS N. 257 del 1991, spetti la remunerazione nella misura fissata …. dall’art. 11 della Legge n. 370 del 1999 pari cioè a Lire 13 milioni annui (€ 6.173,94), altresì negandosi la rivalutazione monetaria trattandosi di debito di valuta.

Pertanto la Corte nella composizione su indicata con ordinanza 20094 del 2019, notificata il 25 luglio 2019, decidendo nel merito, condannava il Ministero al pagamento a favore del Dr. R.M. della complessiva somma di € 26.855,76 oltre interessi legali dal maggio 2001 (citazione avanti al Tribunale) fino al saldo.

Dopo 18 anni, al quinto grado di giudizio, la Cassazione ha stravolto non solo le conclusioni cui essa stessa era giunta (le cc.dd. sentenze gemelle nn. 10813, 10814, 10815, 10816 del 2001 e … 23577 del 2011 relatore il Dr. Raffaele Frasca) in termini di normativa applicabile (la legge 370/99 espressamente rivolta e circoscritta ai destinatari di sentenze del TAR Lazio divenute definitive in luogo che la legge di recepimento D. LGS 257/1991) e di natura del credito (di valuta in luogo che di valore, cfr. anche Cass. SS UU 9147/2009), ma anche i reiterati interventi della Corte di Giustizia C.E. che non più tardi del gennaio 2018 aveva ribadito la necessità di applicare in Italia la (unica) legge di recepimento e la natura del credito come di valore.

Ma tant’è.

Riteniamo che, a questo punto, non resti che percorrere la via del ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) per lamentare le plurime violazioni poste in essere dallo Stato attraverso questa giurisprudenza “di ritorno”, confidando nella terzietà effettiva di quella Corte.

Avv. Marco Mostarda

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