Vittime reati violenti: occorre provare l'impossibilità di ottenere il risarcimento

Occorre dare la prova dell'impossibilità della vittima di conseguire il risarcimento del danno da parte del responsabile del reato, per ottenere dal giudice la condanna dello Stato a corrispondere l'indennizzo previsto dalla direttiva 2004/80/CE del 29.04.2004.
Lo ha stabilito il Tribunale di Torino con sentenza n. 2067/2017, pubblicata il 18 aprile 2017, rigettando la domanda di parte attrice per difetto di prova sul punto.
Nella sentenza il Tribunale torinese ha stabilito che è necessario verificare se la parte attrice ha dimostrato la sussistenza dei presupposti per la tutela dei diritti riconosciuti dalla direttiva non attuata dallo Stato. La finalità della detta direttiva si evince dal considerando 10 in base al quale <<Le vittime di reato in molti casi non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito>>.
L'indennizzo a carico dello Stato è dunque cogente solo in presenza del presupposto dell'impossibilità di esercitare la pretesa nei confronti del responsabile in quanto incapiente o non identificato.
Ciò si evince, prosegue il giudice torinese, oltre che dalla citata norma europea, anche dalla giurisprudenza comunitaria; in particolare, tra l’altro, dalle conclusioni dell'Avvocato Generale presso la Corte di giustizia europea, presentate il 12 aprile 2016 nella causa C-601/14 promossa dalla Commissione europea contro la Repubblica italiana, definita con la sentenza dell'11 ottobre 2016, nelle quali vi sono plurimi riferimenti al presupposto dell'insolvenza o mancata identificazione del responsabile.
In linea con tali presupposti, anche la legge 122/2016, allo stato priva dei decreti attuativi, all'articolo 12 ha previsto per il riconoscimento dell'indennizzo il requisito della preventiva infruttuosa escussione del responsabile.
Nel rigettare la domanda di parte attrice il Tribunale di Torino afferma che <<difetta (…) non solo qualsivoglia previo tentativo di escussione (…), ma altresì un principio di prova documentale attestante indagini patrimoniali negative>>.
Anche se non è necessaria la “prova rigorosa” del preventivo non utile esercizio di azioni risarcitorie nei confronti dei responsabili e della loro non solvibilità, essa non può ritenersi in “re ipsa” e nemmeno fondata su presunzioni, occorrendo, quanto meno, un principio di prova documentale attestante l'espletamento di indagini patrimoniali negative.