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Rapporti di lavoro e giurisdizione: lo stato della questione

La sentenza del Tribunale di Roma, sezione lavoro, n. 2131/2017, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore dell'autorità giudiziaria della Repubblica di Corea, e di cui abbiamo dato notizia nel nostro precedente post dell’ 8 marzo scorso, intitolato “Contratti di lavoro: valida la clausola di deroga alla giurisdizione”, è importante perché si inserisce nel recente filone giurisprudenziale, che sta modificando il precedente indirizzo in materia di difetto di giurisdizione nei rapporti di lavoro dei dipendenti delle Ambasciate dei Paesi esteri.

Fino poco tempo fa, grosso modo fino all'inizio della presente decade di questo secolo, la giurisprudenza, basandosi su una consuetudine plurisecolare preesistente alla normativa in materia ( e condensata nel brocardo “par in parem non habet jurisdictionem”), dettata dalla legge 804 del 1967, in esecuzione della convenzione di Vienna del 1961, riteneva che la immunità dalla giurisdizione dell'Ambasciatore di Stato estero, nonché degli stessi Stati esteri e delle loro legazioni in Italia, non fosse invocabile con riferimento a controversie di lavoro aventi ad oggetto differenze retributive relative a rapporti di lavoro o contributi previdenziali, ma fosse limitata soltanto a questioni nelle quali il giudice italiano andava ad intromettersi nella organizzazione dello Stato estero. Per fare un esempio, la giurisdizione italiana veniva negata quando, nel caso di licenziamento ritenuto illegittimo, il dipendente invocasse la reintegra nel posto di lavoro.

In quest'ultimo caso, infatti, la giurisprudenza riteneva che l’attività istruttoria del giudice italiano avrebbe inciso sugli atti o comportamenti tenuti dallo Stato estero quali espressione dei suoi poteri sovrani di autorganizzazione e, pertanto, denegava la giurisdizione.

Questo indirizzo è andato modificandosi da quando la legge 31 maggio 1995 n. 218, all'articolo 4 comma 2, prima, e la Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, sottoscritta a New York il 2 dicembre 2004 e ratificata con legge 14 gennaio 2013, n. 5, all'articolo 11, lettera o, poi, hanno consentito la deroga alla giurisdizione italiana, anche nel campo dei rapporti di lavoro, purché questa deroga venga espressamente sottoscritta per iscritto dalle parti e non verta su diritti indisponibili.

Vi è da aggiungere che già la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, resa esecutiva in Italia con la legge del 21 giugno 1971, n. 804, aveva preparato il terreno.

Sulla base della suddetta normativa, la giurisprudenza è andata lentamente modificando il proprio indirizzo in senso favorevole alla giurisdizione degli Stati esteri.

In origine, con la sentenza della Cassazione a sezioni unite del 14 dicembre 2003, n. 17209, la quale ha stabilito che “la deroga convenzionale alla giurisdizione del giudice italiano in favore di quella di uno degli Stati membri, pattuita ai sensi e nei modi previsti dall'articolo 17 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, opera anche con riguardo alle controversie che l'ordinamento italiano devolve alla competenza funzionale del giudice del lavoro”.

Vi è stata poi, nel 2014, la sentenza n. 22744, sempre delle sezioni unite della Cassazione, che ha statuito che “ in tema di rapporto di lavoro alle dipendenze delle ambasciate degli Stati esteri, non sussiste la giurisdizione del giudice italiano, ancorché la domanda involva questioni esclusivamente patrimoniali e, in relazione alle mansioni di semplice in piegato consolare, (…) ove le parti abbiano convenzionalmente devoluto la controversia su pretese disponibili alla giurisdizione esclusiva dei tribunali dello Stato estero ai sensi dell'art. 11, par. 2, lettera f, della Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni di New York del 2004”.

Infine, c’è stata la sentenza, ancora una volta delle sezioni unite della Cassazione, n. 11848 del 9 giugno 2016, ampiamente citata nella sentenza del Tribunale di Roma, sezione lavoro, n. 2131/2017, sopra citata, di cui abbiamo parlato nel nostro precedente articolo, e sulla quale, quindi, non vale la pena spendere ulteriori parole.

Anche la giurisprudenza di merito ormai si è adeguata e, oltre alla più volte citata sentenza 2131/2017 della sezione lavoro del Tribunale di Roma, segnaliamo la sentenza in data 14 settembre 2016 nella causa R.G. 43219/15 del Tribunale di Roma sezione lavoro, giudice dott.ssa A. Baroncini, la quale, peraltro, ha qualificato come “pretese tutte disponibili” e, quindi, soggette alla deroga della giurisdizione, quelle fatte valere nell'ambito di un rapporto di lavoro per rivendicate differenze retributive.

In conclusione, si può quindi affermare che la tendenza innovativa della giurisprudenza, di considerare sottratti alla giurisdizione italiana i rapporti di lavoro nel caso in cui le parti sottoscrivano specificamente una apposita clausola derogativa della giurisdizione italiana in favore di un giudice straniero, stia diventando, oramai, giurisprudenza pacifica.

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