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Contratti di lavoro: valida la clausola di deroga alla giurisdizione

Il Tribunale di Roma, sezione lavoro, giudice dott.ssa Antonianna Colli, con sentenza n. 2131/2017, resa nella causa n. 13432/2014 R.G.A.C., nella quale il sottoscritto patrocinava l'Ambasciata della Repubblica di Corea, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice del lavoro italiano, in favore dell'autorità giudiziaria della Repubblica di Corea.

Questi, per sommi capi, i fatti.

Con ricorso ritualmente notificato all'Ambasciata della Repubblica di Corea, un ex dipendente della stessa Ambasciata adiva il giudice del lavoro chiedendo, previo accertamento della natura subordinata del rapporto intercorso con la convenuta, e del diritto all'inquadramento nel livello C-1 del C.C.N.L. per i dipendenti delle ambasciate, fino al 2004, e nel livello B-3 dal 2009, la condanna dell'Ambasciata di Corea al pagamento, in suo favore, della somma complessiva pari ad euro 143.686,61, oltre il risarcimento del danno per mancato versamento dei contributi previdenziali.

Si costituiva in giudizio l'Ambasciata di Corea, a mezzo del sottoscritto difensore, contestando integralmente l'avversa domanda perché infondata in fatto e in diritto e, in via preliminare, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano in applicazione dell’art. 11 legge 218/1995, con conseguente inapplicabilità della legge italiana, atteso che, il dipendente, sulla base della citata legge 218/1995, aveva sottoscritto un contratto di lavoro contenente una clausola derogativa della giurisdizione in favore del giudice coreano ed un'altra clausola con la quale si stabiliva che il rapporto di lavoro era regolato dalla legge coreana.

All’esito dell'istruttoria, il giudice, con la citata sentenza, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione.

Nella motivazione della sentenza il giudice, a sostegno della propria decisione, si basa, tra l’altro, sulla recentissima pronuncia della Suprema Corte, a sezioni unite (Cassazione civile, sez. un., 09/06/2016, n. 11848). Tale sentenza, a sua volta, richiama “ulteriori sviluppi del diritto internazionale” (in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, sottoscritta a New York il 2 dicembre 2004 e ratificata con legge 14 gennaio 2013, n. 5), e “indicazioni provenienti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo” (in particolare la sentenza CEDU 18 gennaio 2011, Guadagnino c. Italia e Francia)”. Secondo la CEDU, “i principi sanciti dall'articolo 11 della Convenzione del 2004 sono parte integrante del diritto consuetudinario internazionale e impegnano l'Italia”, e “la Corte ne deve tener conto, nel momento in cui appura se il diritto di accesso ad un Tribunale sia stato rispettato”.

“L’art. 11, su richiamato - prosegue la corte europea-è intitolato “Contratti di lavoro” e prevede che uno Stato non può invocare l'immunità giurisdizionale davanti a un Tribunale di un altro Stato, competente per materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dello Stato”, salvo che, tra l'altro, “l'impiegato e lo Stato datore di lavoro hanno convenuto diversamente per scritto” (art. 11, cit. lettera o).

Ed è proprio quest’ultimo il caso esaminato dal giudice del lavoro della capitale, nel quale “ la parte convenuta ha allegato alla propria memoria documentazione che consente di dimostrare l'esistenza di accordi in deroga, alla giurisdizione italiana, stipulati fra le parti, che consentono di concludere nel senso di cui al dispositivo”. “In tal senso, difatti, sono stati prodotti nel fascicolo di parte i contratti stipulati tra le parti rispettivamente il 1 maggio 2007 e il 1 maggio 2010 per lo svolgimento di mansioni di autista dell'ambasciata, debitamente sottoscritti dalle parti, anche con espresso riferimento alle clausole di cui agli articoli 10, 11, 12, ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c., contenente l'espressa deroga alla giurisdizione italiana, in favore di quella coreana”. “In particolare espressamente si legge in entrambi i contratti che: “Le parti si danno reciprocamente atto che in virtù dell'art. 3 della legge 18 dicembre 1984 n. 975, il contratto è regolato dalla legge coreana (art. 10); nonché: “ai sensi e per gli effetti dell’art. 4 comma 2 della legge 31 maggio 1995 n. 218, ogni eventuale controversia che dovesse sorgere sull'esecuzione o applicazione del presente contratto sarà trasferita alla esclusiva competenza del giudice coreano” (art. 11).

Di particolare interesse, poi, quanto stabilito dal giudice circa la valenza temporale delle citate clausole derogative della giurisdizione e della legge regolatrice, atteso che i contratti in cui esse clausole erano contenute risalivano al 2007 e al 2010, mentre il rapporto di lavoro era iniziato nel 1999.

Secondo il giudice, infatti, ”deve darsi atto che il contenuto di tali clausole può essere riferito a tutti i contratti stipulati fra le parti, a decorrere dal primo di essi, risalente al 19 aprile 1999”, “ ciò in quanto espressamente nel contratto del 1 maggio 2010, all'articolo 12, si legge espressamente che: “ in base a come previsto dall'art. 1230 del codice civile della Repubblica italiana, il presente contratto costituisce novazione del precedente contratto stipulato il 19 aprile 1999 e seguenti modifiche e che i doveri del datore di lavoro e il dipendente contenuti negli stessi sono da considerarsi definitivamente conclusi”.

Secondo il giudice, quanto stipulato nel maggio 2010 ha determinato l'estinzione delle obbligazioni derivate dal primo dei tre contratti stipulati fra le parti, considerato che la citata clausola, di cui all'articolo 12 del contratto del 1 maggio 2010, ha “carattere estintivo di quanto originariamente pattuito (in ordine alla giurisdizione sulle controversie relative al rapporto di lavoro derivante da quell'accordo) e novativo quanto all'insorgenza di un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche, secondo quanto previsto dall'articolo 1230 del codice civile”.

“In assenza di ulteriori elementi prodotti nel presente giudizio in senso contrario a quanto risultante da tali documenti, pertanto, deve sicuramente ritenersi la sussistenza dell'animus novandi, fra le parti, dedotto dalla sottoscrizione specifica e analitica della predetta clausola che attesta l'inequivoca e comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l'originaria obbligazione, sostituendola con una nuova. Le argomentazioni che precedono pertanto, inducono a ritenere che per l'intera durata del rapporto intercorso fra le parti, il lavoratore abbia espressamente e consapevolmente accettato la clausola di deroga alla giurisdizione italiana in favore di quella coreana”, conclude il giudice, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice coreano.

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