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Il commercialista deve segnalare al cliente le scadenze degli obblighi contributivi


La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 681, depositata il 1 febbraio 2017, ha rigettato l’appello proposto da un commercialista romano contro la sentenza n. 8672/2011, del Tribunale di Roma, che lo aveva condannato al risarcimento dei danni nei confronti di una Società, di cui era consulente, per inadempimento professionale rispetto al contratto di consulenza stipulato “inter partes”.

La Società è stata patrocinata in entrambi i gradi del giudizio dall’Avv. Stefano Nitoglia del foro di Roma.

Questi, per sommi capi, i fatti.

Il commercialista era stato accusato dalla Società di grave negligenza professionale “per non aver i inviato i modelli DM 10 all’Inps, come era obbligato a fare in virtù del contratto professionale, che lo obbligava: a prestare consulenza e assistenza generale negli adempimenti societari, contabili e fiscali; ad una sistematica verifica dell’osservanza delle norme di legge e di buona amministrazione, al costante aggiornamento delle procedure interne, seguendo le modificazioni legislative; a tenere i rapporti con gli enti previdenziali; alla consulenza ed amministrazione del personale, consistente nella elaborazione delle buste paga, dei relativi versamenti fiscali e previdenziali, e nella cura di tutti gli adempimenti obbligatori per legge a carico di datori di lavoro e sostituti di imposta, nonché consulenza ed assistenza generale in materia di lavoro subordinato”.

La negligenza professionale del commercialista aveva causato alla Società istante un danno patrimoniale consistito nel pagamento delle sanzioni e degli interessi di mora, pari alla somma di € 14.435,00.

Secondo l’attrice, “la grave negligenza ed imperizia professionale del convenuto risulta, per altri aspetti, anche dai precisi e circostanziati rilievi ed appunti mossi alla tenuta della contabilità sociale ed ai bilanci redatti dal (omissis) fino al 2004, nonché dagli ingiustificati ritardi ed omissioni del medesimo (omissis) nel riconsegnare tutta la documentazione della Società”, danni di cui si chiedeva il ristoro in via equitativa nella misura di € 20.000,00.

Inoltre, proseguiva la Società nel libello introduttivo del giudizio, “in applicazione del principio di cui all’art. 1460 c. c. (eccezione di inadempimento), il (omissis), a causa del suo inadempimento, non ha diritto al compenso per la prestazione effettuata (cfr. Cass. Civ. sent. n. 5928/2002). Ne deriva che lo stesso è tenuto alla restituzione, in favore dell’attrice, almeno dei compensi percepiti e dalla stessa attrice corrispostigli per gli anni 2001, 2002, 2003 e 2004, per un totale complessivo di € 19.408,32”.

Il Tribunale di Roma, dichiarava il commercialista inadempiente rispetto al contratto intercorso ”inter partes” e lo condannava al pagamento, in favore della Società attrice, della somma di euro 44.689,00 oltre interessi legali e rifusione delle spese di lite.

La Corte di Appello di Roma, nel rigettare l'appello, rilevava che dalla istruttoria del procedimento di primo grado, in particolare dalla espletata c.t.u., “emerge un quadro di grave incompletezza e confusione contabile, oltre a carenze gravi nella stesura del bilancio che giustificano l'inadempimento di grave importanza previsto dall’art. 1455 c.c.”.

Quanto all'obbligo dell'invio dei modelli DM10 all'Inps, contestato dal commercialista, i giudici di appello affermano: “La responsabilità del commercialista non è ravvisabile nel fatto che non abbia pagato i contributi, essendo pacifico che tale obbligo di carte indicato agli amministratori che provvedono con i fondi della società, ma nel fatto che non abbia apprestato la dovuta assistenza tecnica alla società, segnalando le scadenze degli obblighi contributivi e approntando la documentazione contabile-amministrativa necessaria”.

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