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Verso la rottamazione della Cassazione?

Il processo dinanzi alla Corte di Cassazione è stato recentemente riformato dal decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 19.

Con la motivazione della riduzione del carico di lavoro dei magistrati, oberati dall’aumento dei ricorsi, si è deciso di limitare la discussione in pubblica udienza alle sole questioni – del tutto residuali - aventi valore nomofilattico, vale a dire tendenti ad assicurare l’unità del diritto oggettivo nazionale, mentre tutte le altre questioni saranno trattate in camera di consiglio, senza l’intervento delle parti (avvocati e P.M.).

Ma siamo sicuri che sia questa la strada giusta per risolvere i problemi della giustizia? Non ci troviamo, invece, ancora una volta, in presenza di uno di quei provvedimenti legislativi tendenti a ridurre il ricorso dei cittadini alla giustizia stessa, con la compressione dei loro diritti? Assisteremo, quindi, ad una progressiva riduzione della funzione della Cassazione, fino alla pratica scomparsa di essa?

Sono tutte domande dettate dal buon senso che meritano una risposta.

Riportiamo di seguito il “Protocollo d’intesa tra la Corte di Cassazione e la Procura Generale sull’applicazione del nuovo rito civile” siglato in data 17 novembre 2016 tra il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione Giovanni Canzio e il Procuratore Generale Pasquale Ciccolo.

Il decreto legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197, recante “Misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione, per l'efficienza degli uffici giudiziari, nonché per la giustizia amministrativa”, stabilisce, con norme introdotte in sede di conversione, una nuova disciplina del processo civile dinanzi alla Corte di Cassazione.

La riforma, che reca interventi correttivi sulle disposizioni degli articoli 375,3 176,3 177,3 179,380-bis, 380-ter, 390,391 e 391-bis del codice di procedura civile, contiene una regolazione improntata a criteri di semplificazione procedurale, nella dichiarata prospettiva dell'incremento e dello snellimento della risposta offerta dal giudizio di legittimità a fronte del carico delle pendenze e delle sopravvenienze dei ricorsi per cassazione.

L'impianto di fondo della riforma si impernia sulla distinzione tra giudizi che hanno valenza nomofilattica, destinati alla trattazione nella pubblica udienza, e giudizi privi di tale carattere, destinati alla trattazione in camera di consiglio; questi ultimi a loro volta regolati in maniera differenziata, in ragione della rilevabilità della presenza di una causa di inammissibilità, manifesta fondatezza o manifesta infondatezza, casi nei quali essi sono definiti presso la “apposita sezione” cui all'articolo 376 c.p.c., che svolge la funzione definita di “filtro” delle impugnazioni in sede di legittimità e i cui modi operativi di decisione sono ora regolati dall’art. 380-bis del codice di procedura civile.

In questo quadro, in particolare, la riforma ha introdotto una nuova disposizione processuale, contenuta nell’art. 380-bis. 1 del codice di procedura civile, recante il “Procedimento per la decisione in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice”.

Essa così dispone: “Della fissazione del ricorso in camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice ai sensi dell'articolo 375, secondo comma, è data comunicazione agli avvocati delle parti e al pubblico ministero almeno quaranta giorni prima. Il pubblico ministero può depositare in cancelleria le sue conclusioni scritte non oltre venti giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio. Le parti possono depositare le loro memorie non oltre dieci giorni prima dell'adunanza in camera di consiglio. In camera di consiglio la Corte giudica senza l'intervento del pubblico ministero e delle parti”.

La suddetta norma, che rappresenta uno snodo centrale del nuovo assetto del giudizio in cassazione, istituisce, quale modalità ordinaria di trattazione dei ricorsi in materia civile che non risultino avere valenza nomofilattica, la regola del procedimento camerale, nel quale le parti private e il pubblico ministero non intervengono nell'adunanza del collegio ma possono depositare, in termini differenziati, rispettivamente memorie e conclusioni scritte.

La disciplina legislativa sopra richiamata, inoltre, si salda, sempre nella prospettiva della riduzione del carico di lavoro e dell'incremento delle decisioni rese in sede di legittimità, con le determinazioni organizzative adottate in ordine alla semplificazione e sinteticità della motivazione dei provvedimenti in materia civile, contenute nel decreto del Primo Presidente della Corte di Cassazione n. 136 in data 14 settembre 2016 e, quanto agli atti di parte, nel Protocollo d'intesa tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense sulle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia civile e tributaria, stipulato in data 17 dicembre 2015.

La riforma legislativa e i provvedimenti organizzativi sopra richiamati convergono nel conformare il giudizio di legittimità secondo modelli operativi, diversi rispetto al passato, improntati a maggiore celerità decisionale e a una più marcata selettività dei ricorsi, affidando esclusivamente quelli che presentano interesse nomofilattico o che comunque non sono suscettibili di definizione in sede camerale alla trattazione in pubblica udienza; quest'ultima rimane inalterata nelle sue linee essenziali, con l'eccezione della modifica dell'ordine degli interventi.

Ne consegue il corollario di una diversa dislocazione quantitativa dei ricorsi, destinati, nella generalità dei casi, alla sede della camera di consiglio ora disciplinata dal nuovo art. 380-bis. 1 cod. proc. civ., quale regola ordinaria di trattazione dei ricorsi che risultino superare il filtro della inammissibilità, o della manifesta fondatezza o infondatezza.

Il quadro normativo e regolativo complessivo così sintetizzato comporta corrispondenti mutamenti nel modo di esercizio della funzione requirente presso il giudice di legittimità. La concentrazione nella pubblica udienza delle cause che hanno valenza di questioni rilevanti e di principio determina un accresciuto impegno da parte della Procura generale, soggetto necessario del giudizio; d'altra parte, l'aggregazione quantitativa delle cause che non rivestano portata nomofilattica nella camera di consiglio dinanzi alla sezione semplice implica l'esigenza di valutazione e di selezione da parte della Procura generale presso la Corte, al fine di rendere per un verso concretamente praticabile e per altro verso contenutisticamente utile l'apporto dell'ufficio requirente alla funzione di legittimità fornito attraverso la redazione delle conclusioni scritte, a norma del citato art. 380-bis.1 del codice di rito. Conclusioni che, proprio in ragione dell'utilità della partecipazione dialettica al giudizio di legittimità, presuppongono un'attività preliminare di valutazione e studio, da svolgere in tempi adeguati rispetto ai carichi numerici e in forme compatibili con le risorse personali dell'ufficio requirente.

La nuova disciplina legislativa concerne(…) i ricorsi depositati dopo l'entrata in vigore della legge stessa e quelli per i quali alla medesima data non è stata ancora fissata l'udienza pubblica o l'adunanza in camera di consiglio.

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